23 SETTEMBRE – “SERENA PRODUTTIVITA’ BEETHOVENIANA E GIOIA MUSICALE DI MOZART”

Direttore: GERARDO ESTRADA
Violino: ILIAN GARNET

Direttore: GERARDO ESTRADA
Violino: ILIAN GARNET

Programma:

LUDWIG VAN BEETHOVEN
CONCERTO in Re Maggiore Op. 61 per Violino e Orchestra
1) Allegro ma non troppo
2) Larghetto
3) Rondò

WOLFGANG AMADEUS MOZART
SINFONIA N. 41 in Do Maggiore K. 551 (Jupiter)
1) Allegro vivace
2) Andante cantabile
3) Minuetto (Allegretto)
4) Molto allegro

NOTE ILLUSTRATIVE

La composizione dell’unico Concerto per violino di Ludwig van Beethoven risale all’autunno del 1806. È un periodo particolarmente prolifico sul piano artistico: Beethoven ha ultimato la Quarta Sinfonia, il Concerto n. 4 per pianoforte e i Quartetti dell’op.59. La profonda crisi personale che aveva portato al Testamento dei Heiligenstadt sembra alle spalle, anche se i problemi di salute del compositore non sono scomparsi. Il concerto fu dedicato al giovane virtuoso Franz Joseph Clement, che era anche direttore del Theater an der Wien. La dedica contiene uno scherzoso gioco di parole: “Concerto per Clemenza pour Clement”. È fuori discussione la bravura del solista e l’ammirazione di Beethoven per lui, ma anche il suo carattere esibizionista. Pare infatti che Clement non avesse voluto provare con l’orchestra e la sera del 23 dicembre 1806, alla prima assoluta, tra un tempo e l’altro del concerto, suonò sue composizioni (o variazioni) tenendo il violino alla rovescia e usando una sola corda. Tale pratica, che oggi potrebbe sembrare inammissibile, era invece abbastanza frequente all’epoca e, a quanto pare, lo stesso Beethoven non ebbe nulla da ridire. Il funambolico virtuosismo di Clement catturò l’interesse del pubblico, ma fece passare in secondo piano la qualità del Concerto. Anzi, la critica dell’epoca, influenzata dal gusto Biedermeir, fu piuttosto negativa: il Concerto venne considerato frammentario e ripetitivo. Furono pochissime le repliche finché fu in vita Beethoven, ma il Concerto venne “riscoperto” da Felix Mendelssohn che nel 1844 lo diresse a Londra con un giovanissimo Johann Joachim (tredicenne). Dieci anni più tardi sempre Joachim eseguì il Concerto beethoveniano a Düsseldorf, sotto la direzione di Robert Schumann. Da allora il Concerto op. 61 si affermò come uno delle pagine più amate ed ammirate della letteratura violinistica.

Le ultime tre Sinfonie di Wolfgang Amadeus Mozart furono scritte nel 1788, nell’arco di circa due mesi. È un periodo molto difficile sia sul piano professionale (il sostanziale fallimento di pubblico del Don Giovanni a Vienna), che personale (la morte di una figlia). Nulla si sa per certo sui committenti delle ultime sinfonie e non si hanno notizie di una loro esecuzione prima della morte del compositore. La Sinfonia K. 551 è la quarantunesima nonché l’ultima della serie iniziata con la K.16 ed è una composizione impressionante per la complessità, la profondità di magistero, la proiezione verso una nuova concezione della forma sinfonica, pur nel rispetto delle forme classiche e perfino nel recupero di quelle barocche. È forse l’unica sinfonia mozartiana in cui l’ultimo movimento, anziché rispettare il modello della pagina vivace e brillante, si rivela il più complesso e severo nella costruzione e nel trattamento tematico (si tratta infatti di una grandiosa fuga incastonata in una forma sonata, splendida fusione delle due più nobili e impegnative forme rispettivamente del barocco e del classicismo). Il titolo “Jupiter” le fu attribuito dall’impresario Salomon (che diede i titoli anche ad alcune sinfonie di Haydn). Non è chiaro se esista una relazione tra il nome del più importante degli dei e questa sinfonia che appare come il vertice del sinfonismo classico finora raggiunto, ma il titolo sembra alludere alla maestosità regale, all’”olimpica serenità … al tono solenne e grandioso” (M. Mariani).

A cura di
Riccardo Crespi