27 MAGGIO 2021 – “Lo Stile del Giovanissimo Bizet”

Direttore: SKOU LARSEN LAVARD
Pianoforte: ANTONIO DI CRISTOFANO

PROGRAMMA 

“LO STILE DEL GIOVANISSIMO BIZET“

Direttore: SKOU LARSEN LAVARD
Pianoforte: ANTONIO DI CRISTOFANO

Programma:

WOLFGANG AMADEUS MOZART
CONCERTO N. 20 in Re Minore K. 466 per Pianoforte e Orchestra
1) Allegro
2) Romanza
3) Allegro assai

GEORGES BIZET
SINFONIA N. 1 in Do Maggiore
1) Allegro. Allegro vivace
2) Andante. Adagio
3) Scherzo (Allegro vivace)
4) Finale (Allegro vivace)

NOTE ILLUSTRATIVE

Dopo essersi trasferito a Vienna, Wolfgang Amadeus Mozart intensificò la scrittura di concerti per pianoforte e la ragione è semplice. A Vienna doveva mantenersi con le proprie forze e in quegli anni era più ammirato come pianista che come compositore. I primi concerti viennesi sono scritti per venire incontro ai gusti un po’ effimeri del pubblico, ma progressivamente Mozart “trasformò il genere del concerto in un vero e proprio laboratorio di sperimentazioni formali, linguistiche e contenutistiche. L’esito fu quello di una nuova concezione del rapporto tra pianoforte e compagine orchestrale come confronto di diverse individualità, in un’ottica che precorre quella del Concerto beethoveniano e poi romantico” (A. Quattrocchi). Il Concerto in Re minore K.466, composto nel 1785 ed eseguito da Mozart in quello stesso anno, si caratterizza per qualità ben diverse da quelle che gli ascoltatori più ammiravano. La scrittura pianistica, seppur brillante e virtuosistica, tende alla tensione drammatica o all’effusione lirica, mentre l’orchestra non si limita ad accompagnare o sostenere il solista, ma dialoga su un piano di parità e assume, come si suol dire un “respiro sinfonico”, ovvero ricorre a tutte le risorse tecniche e timbriche a disposizione per ergersi a coprotagonista. Si pensi, ad esempio, all’attacco del primo movimento, con il “motore” ritmico della sincope che conferisce immediatamente un senso di concitazione alla pagina. È un concerto che piacque tanto a Beethoven, il quale scrisse alcune cadenze, e nell’ottocento fu assai apprezzato, forse perché per certi versi sembra anticipare le inquietudini romantiche.

La Sinfonia n. 1 in Do maggiore è un’opera giovanile di Georges Bizet. Fu composta nel 1855, quando egli era ancora uno studente diciassettenne di Conservatorio. Poco tempo prima egli aveva realizzato una trascrizione per pianoforte a quattro mani della Sinfonia n. 1 in Re maggiore di Charles Gounod (1818-1893), quindi non stupisce rilevare alcuni influssi dell’opera del collega e maestro (talvolta Gounod sostituì Zimmermann, l’insegnante di Composizione e fuga al Conservatorio di Parigi). In seguito Bizet non volle catalogare la sinfonia, considerata troppo acerba, così fu dimenticata per quasi un secolo. La vedova del musicista, Geneviève Halévy (1849-1926), diede lo spartito al compositore Reynaldo Hahn, il quale a sua volta lo trascurò. Ma nel 1933 il musicologo francese Jean Chantovaine (1877-1952) ne venne in possesso insieme ad altri documenti provenienti dal Conservatorio di Parigi. Nel 1935 il biografo di Bizet, Douglas Charles Parker (1885-1970) mostrò la partitura al direttore Felx Weingartner (1863-1942) che la eseguì a Basilea. Il giudizio del direttore fu un po’ severo: “graziosa e molto raffinata nella forma e nell’orchestrazione, sebbene un po’ povera di energia”. Tuttavia la Sinfonia è giustamente riconosciuta come un capolavoro di un genio precoce. George Balanchine ne utilizzò le musiche per il balletto Le Palais de cristal, che andò in scena all’Opera di Parigi nel 1947.

A cura di
Riccardo Crespi