30 SETTEMBRE – ““SCHUBERT TRANSIZIONE DALLO STILE GIOVANILE ALLA MATURITA””

Pianoforte: ARCADIE TRIBOI

Direttore: HYEJU JUNG
Pianoforte: ARCADIE TRIBOI

Programma:

WOLFGANG AMADEUS MOZART
CONCERTO N. 24 in Do Minore K. 491 per Pianoforte e Orchestra
1) Allegro
2) Laghetto
3) Allegretto

FRANZ SCHUBERT
SINFONIA N. 6 in Do Maggiore D 589 (La Piccola)
1) Adagio. Allegro
2) Andante
3) Scherzo (Presto. Più lento)
4) Allegro moderato

NOTE ILLUSTRATIVE

Il Concerto in Do minore K. 491 per pianoforte e orchestra fu composto da Wolfgang Amadeus Mozart nel 1786. Per Mozart è la conclusione di una stagione fortunata sul piano professionale, ma anche l’inizio di una fase di declino della sua popolarità e ciò avrebbe provocato conseguenze sul bilancio familiare. Mozart infatti organizzava Accademie, ovvero concerti a pagamento (sei ducati a persona) nei quali eseguiva proprie composizioni e suonava i suoi concerti per strumento a tastiera. Il Concerto K. 491 fu eseguito il 3 aprile 1786 al Groβen Redoutensaal del Burgtheater di Vienna. Fu l’ultima esibizione pubblica di Mozart alla tastiera in quel teatro. Il Concerto K. 491 si distingue dagli altri sostanzialmente per due caratteristiche: è scritto in una tonalità minore (l’unico altro esempio è il Concerto K. 466 in Re minore, del 1785) ed è l’unico che presenta nell’organico orchestrale sia due oboi che due clarinetti. La tonalità minore in epoca classica era piuttosto insolita, specialmente per i concerti, mentre prevaleva la tonalità maggiore e il carattere brioso. Mozart invece in questo caso crea un clima teso, drammatico, perfino tragico in certi episodi. L’organico orchestrale arricchito nella sezione dei fiati è invece indice del crescente impegno sinfonico dei concerti pianistici.

La Sinfonia n. 6 in Do maggiore D589 rappresenta una sorta di spartiacque tra le sinfonie giovanili di Franz Schubert, scritte per il Civico Convitto di Vienna in cui aveva studiato e anche insegnato, e le ultimi due creazioni, l’Incompiuta e “la Grande”. Fu composta tra l’ottobre del 1817 e il febbraio 1818. Secondo Schubert si tratta di un lavoro ancora imperfetto: in una lettera del 1823 scrisse di non aver composto ancora nulla per grande orchestra che possa essere “presentato al mondo con la coscienza tranquilla”. Questa affermazione rivela un atteggiamento autocritico severo da parte di Schubert, ma bisogna tenere conto che in quel periodo il modello sinfonico era Beethoven e dunque anche uno spirito geniale come quello del giovane Schubert poteva “patire” il confronto con il maestro di Bonn. Il titolo “la piccola” (“Kleine”) serve a distinguerla dalla successiva sinfonia, sempre in Do Maggiore, che viene numerata come n. 7 o n.9. Nella sinfonia si avverte l’interesse per la musica di Rossini, le cui opere in quegli anni (L’inganno felice, Tancredi, L’Italiana in Algeri, Ciro in Babilonia e altre successive) venivano rappresentate a Vienna. Significative le parole di Schubert in una lettera del 1819: “Recentemente è stato eseguito qui a Vienna l’Otello di Rossini (…) Quest’opera è di gran lunga migliore, cioè più caratteristica del Tancredi. Non si può negare che lui abbia un genio straordinario. L’orchestrazione è a volte molto originale, così come la scrittura vocale, a parte le solite galoppate italiane e le reminiscenze del Tancredi”. Schubert aveva conosciuto la musica italiana tramite gli insegnamenti di Antonio Salieri (1750-1825), che fu suo maestro a partire dal 1813. I modelli di Schubert, però, erano soprattutto i maestri del classicismo viennese: “Haydn e Beethoven si incontrano con Rossini e con quella particolare sensibilità borghese e viennese che è un elemento peculiare della musica di Schubert (…) Se il materiale tematico della sesta sinfonia è “italiano”, piuttosto complessa è l’elaborazione, che segue la strada haydniana di un continuo gioco di sorprese” (A. Quattrocchi).


A cura di
Riccardo Crespi